APPUNTI SULLA CITTA’ NUOVA o dell’emergenza

24 Aprile 2020

Capitolo 4: LA FASE 2, il caos e la “Vergogna Prometeica”

Oggi, 24/04/2020 – altro numero incredibile – nell’attesa di un 25 aprile senza manifestazioni di piazza, in Italia, nella nostra Regione Veneto e in tutto il mondo si discute della Fase 2 tra anticipazioni, virate improvvise di rotta, spinte verso la riapertura e viceversa istanze prudenziali suggerite dalla scienza. La situazione è davvero molto complessa. Emergono assurde contraddizioni ad esempio sui trasporti al momento della ripartenza: da una parte come già parzialmente analizzato nel capitolo precedente, la pandemia ha messo in crisi il nostro modello di sviluppo imponendo con rinnovato vigore le istanze della sostenibilità urbana e incentivando la mobilità leggera, non inquinante, e il trasporto pubblico, ma dall’altra c’è il problema del distanziamento sociale, per cui si temono nuove gravi congestioni di traffico dovute al sovrautilizzo dell’auto privata con una sola persona a bordo per recarsi al lavoro e per spostarsi in città. Emerge, tra le contraddizioni e la estrema complessità del momento, una sensazione di inadeguatezza e di impotenza. L’uomo torna a sentirsi fragile e incapace di governare ciò che lui stesso ha creato, incapace di prevedere gli effetti collaterali dello stesso progresso tecnologico. Insomma, ora più che mai L’uomo è antiquato dal titolo del doppio tomo di Gunther Anders, il filosofo tedesco che già nel 1942 indagava con toni radicali sul rapporto con la macchina e con i prodotti della seconda rivoluzione industriale, sull’inadeguatezza dell’uomo rispetto alle sue stesse invenzioni. La Vergogna Prometeica è un saggio senza tempo, di un’attualità sconcertante, contiene riflessioni che, proprio ora, in piena emergenza, ottantanni dopo, sembrano profetiche. “L’uomo è antiquato rispetto alla perfezione dei prodotti della tecnica che lo pone in una condizione di inferiorità in cui egli avverte tutta la sua inadeguatezza e il dislivello tra la sua natura di essere finito e precario e l’infinita progressione e potenza dell’apparato tecnologico e produttivo mondiale”. Così si avverte “uno squilibrio all’interno dell’uomo tra la sua limitata capacità di prevedere e interpretare le ricadute dei processi tecnologici avviati e quindi di assumerne la piena responsabilità”. In questa prospettiva si cela il rischio della ininfluenza e mancanza di controllo dell’uomo rispetto a ciò che lui stesso produce, un’umanità umiliata dal suo stesso modello di crescita che ne diviene vittima fino al punto di subire una mutazione antropologica. “Quanto più aumenta l’infelicità dell’uomo che produce, quanto meno si sente all’altezza dei suoi prodotti, tanto più moltiplica senza posa, instancabile, con avidità e terror panico, il numero dei suoi inservienti, dei suoi congegni e sottocongegni; e con ciò naturalmente non fa che accrescere la sua infelicità; perché quanto più numerosa e più complicata diventa la burocrazia dei suoi apparecchi, da lui stesso creati, tanto più diventano vani i suoi tentativi di restare all’altezza”. Così trasponendo la Vergogna Prometeica dalla macchina al digitale, oppure dalla straordinaria invenzione dello scienziato italiano Giulio Natta chiamata Moplen alla Great Pacific Garbage Patch, o per dirla con Anders dallo studio dell’atomo alla bomba atomica, o ancora dagli Scritti Corsari e da tutta la mitologia pasoliniana sul progresso al Climate Change, allo scioglimento dei ghiacci, alla deforestazione e al coronavirus dei pipistrelli selvatici, ci sentiamo tutti insicuri e spaesati di fronte a ciò che ci attende. Ci avviciniamo alla Fase 2, inadeguati e impreparati, antiquati, nel caos di una comunicazione globale contraddittoria e confusionaria, tra bufale, fake news, sparate del Presidente Americano sulle iniezioni di disinfettanti, paesi che aprono tutto ed altri vicini che tengono tutto chiuso, la produzione è chiusa ma ci son le deroghe, scienziati e premi Nobel che si accusano a vicenda, droplet che volano nell’aria anche all’aperto o solo al chiuso, patenti di immunità, carica virale, contagiosità anche di chi è già stato infettato oppure no, la app sul telefonino è obbligatoria o è facoltativa perché c’è il digital divide, riapriamo le scuole oppure no, e gli esami di maturità? Gli Erasmus? La quinta elementare? I bambini prendono la malattia? Quando circolano troppe versioni di un fatto si destabilizza la coesione, alimentando entropia e conflitto sociale, si rischia di buttare all’aria l’esperienza di condivisione e di cooperazione innescata dall’emergenza. Potrebbe diventare una Fase 2 caotica, in molti non avranno le mascherine e quelli che le avranno insulteranno chi non le indossa, tutti useranno l’auto fregandosene altamente di reintasare le città e delle polveri sottili, in molti torneranno a camminare sui marciapiedi ignorando ogni regola di social distancing, se non si innesca qualcosa di importante, subito, alla velocità della luce, tra tutti coloro che hanno la responsabilità di governare e di amministrare la cosa pubblica, d’improvviso ritornata al centro dell’attenzione. Fino ad ora abbiamo assistito ad una prova generale di una nuova forma di cooperazione e solidarietà, di resilienza dei sistemi locali e dei sottosistemi di prossimità, di una nuova economia collaborativa, abbiamo assistito ad una reazione interconnessa né locale né globale ma contemporaneamente alle due scale. E questo è un fatto interessante. Si è assistito improvvisamente alla riscoperta della comunità. Ma le comunità hanno bisogno di luoghi, di spazi fisici, di città. Bisognerebbe provare a riprogettare le basi di una nuova economia con al centro la transizione energetica, verso una società sostenibile. Lasciandolo fare ai giovani. La città nuova si adatterà, sperando che le soluzioni non siano solo temporanee o dell’emergenza, ma che possano divenire più persistenti e che possano durare nel tempo.